Sicilia en Primeur 2025 sarà nel cuore del Barocco siciliano
di Luigi Salvo
La città di Modica, Patrimonio dell’Unesco con il suo straordinario Barocco, ospiterà Sicilia en Primeur 2025, l’anteprima del vino siciliano di Assovini Sicilia, l’appuntamento annuale che punta i riflettori sulle nuove annate e tendenze del “Continente Enologico Sicilia”.
Nata nel 2003, è rivolta alla stampa italiana ed estera con lo scopo di far conoscere sia le innumerevoli sfaccettature del vino siciliano, attraverso degustazioni e incontri con i produttori, sia i luoghi e la cultura che caratterizzano la tradizione enologica siciliana, attraverso enotour in diverse aree dell’isola.
L’ultimo giorno è dedicato all’incontro con i produttori e alle degustazioni nelle postazioni aziendali. L’ultima edizione del 2024 ha coinvolto 106 giornalisti provenienti da tutto il mondo (53 dall’estero, 38 dall’Italia e 15 giornalisti regionali) e le aziende partecipanti sono state 59.
La conferenza stampa a Palermo è stata occasione per la presentazione dello Studio UniCredit-Nomisma che conferma la Sicilia regione strategica nel settore vino.
È uno dei dati che emergono dall’Osservatorio sulla competitività delle Regioni del Vino è che nel corso del 2024, l’export dei bianchi Dop siciliani è ulteriormente cresciuto rispetto a quanto già registrato nell’anno precedente, nel 2024, infatti, l’export dei bianchi Dop siciliani è cresciuto di un ulteriore 8,9%.
“La cultura del vino in Sicilia: una storia millenaria che guarda al futuro”, è il pay-off di Sicilia en Primeur 2025, commenta Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia. Il vino siciliano è uno dei simboli della cultura mediterranea, della quale la Sicilia è massima espressione. Il vino non è solo un prodotto agricolo o commerciale, non è semplicemente una bevanda ma un elemento essenziale della cultura universale, che attraversa secoli e civiltà. La sfida alla quale Assovini Sicilia è chiamata a rispondere e dare il suo contributo è anche quella di tutelare il valore culturale del vino contro dinamiche internazionali restrittive, contro una cultura che criminalizza quello che è un prodotto culturale, promuovendolo come espressione di civiltà, conoscenza, bellezza e tradizione”.
Il vino italiano
Dopo un 2023 che ha visto l’import mondiale di vino contrarsi di oltre il 5% rispetto all’anno precedente, nel 2024 il tanto atteso rimbalzo non c’è stato. Considerando i primi 12 mercati di import di vino (il cui peso sugli scambi mondiali supera il 60%), solamente quattro di questi hanno registrato crescite nelle importazioni a valore (Stati Uniti, Canada, Cina e Brasile).
Rispetto a tale scenario, l’Italia ha portato a casa un risultato positivo (+6% a valore), trainato soprattutto dagli spumanti tricolori (+9%) le cui esportazioni incidono ormai per il 30% sulle vendite frontiera complessive di vino italiano. Gran parte di questo merito è ascrivibile al Prosecco, il cui export è aumentato dell’11% nell’ultimo anno.

Il nostro vino arriva oggi ai quattro angoli del pianeta, ma in alcuni di questi appare troppo concentrato. Il 60% dell’export vinicolo italiano si concentra in appena 5 paesi, con gli Stati Uniti in testa (24%). La Francia presenta un indice di concentrazione (sempre rispetto ai primi 5 mercati di sbocco) del 51% (con un peso degli Usa del 20%), la Spagna è al 48% (incidenza Usa dell’11%). Restando in tema, anche le esportazioni regionali denotano alti livelli di concentrazione. Il solo Veneto pesa per il 37% sull’export di vino nazionale, seguito da Toscana e Piemonte con il 15% entrambi. Aggiungendo Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna si arriva ad un’incidenza dell’80%.
La Sicilia
Lo stesso poi si desume per i vini a denominazione. Guardando al peso degli Stati Uniti, oggi di estrema attualità alla luce dei dazi di Trump, sull’export dei vini Dop, si evince come i bianchi del Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia hanno nel mercato americano il principale paese di sbocco (48% del proprio export), così come per i rossi Dop della Toscana (40%) e a seguire i rossi del Piemonte (31%). Molto più bassa invece l’esposizione dei vini siciliani: 20% per i rossi Dop, 14% per i bianchi.
Se nel corso del 2024, l’export dei bianchi Dop siciliani è ulteriormente cresciuto, in senso opposto sono andati i rossi Dop siciliani che registrano, per due anni di fila, una riduzione nell’export (-4,5% nel 2023, -2,9% nel 2024). Focalizzando l’attenzione sui top 10 mercati di destinazione, per i bianchi Dop siciliani l’export 2024 è cresciuto del 37% in UK, del 34% in Russia, del 12% in Germania e per l’11% sia in Canada che negli Usa. Per i rossi Dop Siciliani, pur in un contesto di calo complessivo, si registra una crescita in Canada (+22%), Russia (+17%), Paesi Bassi (+8%) e Stati Uniti (+6%).
La Sicilia è tra le regioni italiane più conosciute e visitate dagli americani, oltre che più apprezzata per i vini che produce. Solamente il 14% dei consumatori intervistati dichiara di non aver mai sentito nominare la Sicilia, la percentuale più bassa assieme a quella per la Toscana tra tutte le regioni italiane.
Sempre la Sicilia, assieme alla Toscana, vengono indicate dagli americani come le regioni italiane che producono i vini di maggior qualità, tanto che 6 su 10 dichiarano di conoscere almeno un vino siciliano e 2 su 10 di averlo anche consumato. Rispetto a questi ultimi, la percentuale di consumatori di vini siciliani aumenta tra coloro che hanno visitato l’Italia negli ultimi cinque anni, apprezzano la cucina italiana, sono millennial (29-44 anni), wine lover (buon conoscitore di vino) e con un alto reddito annuo (superiore ai 100.000 $).
Le ragioni che hanno spinto questi consumatori a bere un vino italiano e siciliano discendono dai valori espressi, principalmente riconducibili alla tradizione, alla varietà dei vitigni autoctoni e alla qualità riconosciuta, sia a livello internazionale che rispetto al connubio con un “giusto” prezzo. Ecco perché, al di là dei dazi, la maggioranza dei consumatori americani vede un futuro di crescita per il vino italiano.
Un futuro che, anche nel breve periodo (nei prossimi 12 mesi) dovrebbe condurre ad una maggior propensione al consumo dei vini del Bel Paese rispetto alla media. A prescindere infatti dal 65% dei consumatori che manterrà invariato il consumo di vino italiano, un altro 25% ha dichiarato di volerlo aumentare contro un 13% che invece lo ridurrà, denotando in tal modo un saldo positivo di 9 punti percentuali.
In realtà si stima che il commercio estero di vini e mosti siciliani sia superiore rispetto ai dati ufficiali Istat che tengono conto del luogo di spedizione all’estero, per cui sfuggono i quantitativi di vino siciliano che non partono diretta



















