I Pupi a Bagheria, un maestro in cucina Tony Lo Coco
di Aldo Sarro
I Pupi si trova a Bagheria, a pochi chilometri da Palermo, nei pressi della famosa Villa Palagonia ricordata da Goethe nel suo “Viaggio in Italia” come la villa dei mostri. L’ambiente non è grande, i coperti un paio di dozzine (o poco più), tavoli piuttosto prossimi tra loro, l’atmosfera, dominata dai colori bianco e nero, è ravvivata da qualche pittura dai colori vivaci, la mise en place elegantemente sobria e piacevole.
Il punto forte del ristorante è senza dubbio la cucina, governata dal patron e chef Tony Lo Coco; ancorata solidamente alla tradizione e a materie prime per lo più locali, allo stesso tempo presenta strabilianti abilità creative e di innovazione, un’ottima capacità nel rinnovare il menù con frequenti nuove preparazioni, sempre restando su livelli qualitativi eccellenti.
Grande è la cura e la ricerca delle presentazioni, nelle forme e nei colori; magistrale il controllo dell’amalgama dei sapori e l’uso delle diverse consistenze e sensazioni gustative; eccellente l’armonia tra l’aspetto visivo e quello gustativo, raggiunta per quasi tutte le pietanze; resta un pò in secondo piano la parte olfattiva, altrimenti saremmo al miracolo, ma chissà…
La squadra in cucina si dimostra, al passare del tempo, sempre più affidabile e capace di seguire lo chef nei suo percorso creativo. Il pane auto prodotto è offerto in varie forme, ed è sempre stato di valida fattura; tuttavia in quest’ultima mia visita, al posto dei piccoli pani farciti, insieme ai grissini e alla sfoglie, ho trovato pane semplice ma di differenti farine tradizionali siciliane, circostanza che ho molto gradito e preferito.
Il servizio, coordinato e diretto da Laura Codogno, è sempre cordiale e per nulla formale, la composizione delle pietanze ben illustrata; tuttavia ritengo l’entità del personale in sala non sempre adeguata al numero dei commensali e di tanto in tanto ho osservato, in considerazione del fatto di trovarci in un ristorante stellato Michelin, qualche inattesa disattenzione.
La cantina vanta un discreto numero di bottiglie di buona qualità e varia provenienza; manca tuttavia di profondità, che si potrebbe trovare almeno per qualche storica etichetta siciliana; sarebbe inoltre da rinforzare in quanto a varietà, perlomeno per i vini nazionali. I ricarichi, medio-alti ma non eccessivi, sono in linea col livello del ristorante.
Ad accompagnare il cibo è stata una bottiglia neozelandese di Sauvignon Blanc, il Pioneer Block 3 del 2015 Saint Clair, proposto a 45€. Proveniente da una zona particolarmente vocata per questo vitigno, il vino, ancora nel bicchiere, sprigiona netti sentori di frutta tropicale, maracuja in primis, ma anche sentori vegetali e di rose; al gusto ancora maracuja, e poi melone giallo, agrumi, buccia di pomodoro. Fresco e di bella persistenza, un vino di gran qualità.
Scegliamo il menù degustazione Mare, sette portate, 80€. Vi sono pure il menù Terra da sei portate (65€) ed uno Misto da nove portate (95€). Alla carta i costi per ciascun piatto vanno da un minimo di 18€ ad un massimo di 25€.
Menù “Mare”
Il benvenuto dello chef, accompagnato da un calice di Brut Tasca d’Almerita, è vario:
Gambero su crema di zucchina e timo limonato; hamburger di tonno; fish and chips di peperone; spaghetti fritti e crema aglio, olio e peperoncino; arancinette di riso.
Di buon livello qualitativo e piacevole per la varietà, tra gli assaggi spicca il gambero, con i suoi contrasti tra tendenze dolci e acide.
Il gambero nella rete, cremina di carota, habanero e colatura di alici.
Grande è l’effetto visivo, col gambero racchiuso in una rete di barbabietola, al palato è perfettamente equilibrato tra consistenze morbide e croccanti; tendenze dolci, sapide e leggermente piccanti si rincorrono contribuendo a formare quello che sarà un ricordo durevole di questa splendida preparazione.
Scampo in estate.
Lo scampo è adagiato al centro, sopra sotto e intorno il tenerume, magistralmente trattato per divenire anche crema e sfoglia croccante, determinando una pietanza ad un tempo gentile e intrigante.
Bon bon di seppia con salsa al mandarino tardivo e gelato ai ricci.
Il contrasto tra l’arancinetta calda e croccante al nero di seppia e il ripieno freddo di ricci, che si mischiano con l’aromatica vivacità del mandarino insieme all’esaltante gelato ai ricci, concorrono ad un piatto succulento e impossibile da dimenticare.
Tortello di triglie con zucchina friscarella, con chips di zucchina e di funghi porcini.
Altro piatto molto ghiotto, anche qua lo chef gioca sulla complessità per i sapori e per le consistenze, riuscendo benissimo nel raggiungere un grande equilibrio gustativo per la massima soddisfazione dell’ospite.
Lo spaghetto “pizziato” ai crostacei, tartufo siciliano, porcini e frutta secca.
Ancora una preparazione magistrale, il mare (gamberi bianchi, rossi e scampi) e l’autunno insieme alla memoria delle minestre con lo spaghetto spezzato, la croccantezza leggermente sapida con la tendenza dolce dei crostacei. Olfatto all’altezza del gusto e delle curata presentazione, in breve un capolavoro di armonia.
Filetto di San Pietro coperto da mosaico di verdure e panella croccante, su brodetto al te verde, curcuma e zenzero.
Colori e forme che ricordano alcune opere di Paul Klee, sapori delicati e preziosamente aromatici, ancora un confronto tra consistenze. Gran bel piatto.
Pre dolce: gelato di barbabietola con crema di ricotta.
Piacevole accostamento di sapori, prepara la bocca al dolce finale. Conferma che a “I Pupi” nulla è lasciato al caso.
Sfera di cioccolato fondente con gelato allo yogurt e frutti di bosco.
Il dolce è senz’altro buono, tuttavia non raggiunge livelli i d’eccellenza che caratterizzano il resto della degustrazione.
Con il dolce ci viene offerta una vendemmia tardiva altotesina, il Gewurztramirer Spatlese, Josepf, Hofstatter: di un bel giallo dorato carico, sprigiona sentori di frutta esotica come papaya e litchi, di rose gialle, melone maturo; in bocca si conferma e si aggiungono la pesca matura e sentori mielati, ma soprattutto è sorprendentemente fresco ed elegante. Un vino che non stanca mai, agli antipodi di certi vini dolci tendenzialmente stucchevoli.
“Coccole”finali.
Dolcetti molto buoni, splendidi compagni di un buon caffè, peccato che stavolta la presentazione appaia un po’ improvvisata.
I Pupi è un ristorante la cui cucina sorprende e non di rado emoziona, che non si è affatto seduto sugli allori della recente stella Michelin, anzi è tuttora in decisa e forte crescita.
I Pupi, via Del Cavaliere, 59 Bagheria.
Giudizio in sintesi:
Cucina 18,5/20 – Servizio 15,5/20 – Ambiente 15,5/20 – Cantina 15,5/20