Tenuta Le Potazzine a Montalcino, vini di un’azienda al femminile
di Aldo Sarro
Un viaggio nel sud della Toscana, tra eredità etrusche, chiese e abbazie medievali, piccoli borghi preziosi come gioielli, e poi Sorano, Sovana, Pitigliano, Pienza, Montepulciano, San Quirico d’Orcia, Montalcino … come non poteva terminare con qualche visita ad aziende del Brunello? Certamente, ma quali?
Le aziende sono oltre 200, racchiuse nei 24.000 ha del territorio di Montalcino. Tra i 3500 ha coltivati a vite, predomina la DOCG del Brunello con 2100 ha, il resto è diviso tra Rosso di M. DOC (510 ha), Moscadello di M. DOC (50 ha), Sant’Antimo DOC (480 ha), e altri vini per 360 ha.
Previo accordi telefonici la prima visita è per Tenuta Le Potazzine, località Le Prata, a circa 5 Km dal centro del paese. Le Potazzine, nome locale delle cinciallegre, è il vezzeggiativo che usava la nonna materna per le nipotine Viola e Sofia, che oggi poco più che ventenni, conclusi gli studi universitari, stanno compiendo i primi passi nell’attività familiare.
La tenuta è costituita da 5 ettari di vigneti, 3 dei quali attorno alla cantina a circa 507 m slm, altri 2 più a sud, in località La Torre a 340 m slm. Arriviamo in anticipo e ci viene incontro la “potazzina“ più giovane, Sofia Gorelli, che ci accoglie molto simpaticamente. Mentre ci accompagna in un giro tra i filari (è il primo di agosto ma per fortuna la giornata è ventilata) ci raggiunge la signora Gigliola Giannetti, che si rivela presto personalità forte, vulcanica ed entusiasta della propria attività.
Ci racconta che, sebbene non le interessi la certificazione, la conduzione delle vigne è in “bio” e che tutte le attività sono svolte manualmente; quali siano i vantaggi del possedere vigneti in una zona così ventilata e ad un’altitudine tra le più alte della denominazione; di come mescolare con sapienza, anche in funzione dell’annata, le uve dei due poderi. Il sistema di allevamento è a cordone speronato unilaterale, con densità di circa 6000 piante per ettaro.
Nel frattempo siamo all’interno del fabbricato, prima le stanze di fermentazione, poi la bottaia di recente costruzione, che si trova al di sotto di un vecchio casale di pietra, con botti di rovere di Slavonia da 30 e 50 hl. Mi impressiona la pulizia. Impercepibili i tipici odori di cantina, tutte le superfici sono tirate a lustro.
La signora Gigliola è un torrente (in piena) di informazioni, che infarcisce di ricordi e storie della tenuta fondata nel 1993. La fermentazione avviene spontaneamente con lieviti indigeni e prosegue senza alcun controllo della temperatura, lunga la macerazione sulle bucce.
Il Brunello “Le Potazzine” usualmente affina in botti per 40 mesi (da disciplinare sarebbero almeno due anni in contenitori di rovere di qualsiasi dimensione e almeno quattro mesi in bottiglia) e 8 mesi in bottiglia, la Riserva di Brunello, prodotta ad oggi nelle sole annate 2004, 2006, 2011 e 2015, riposa nel legno per circa 60 mesi, mentre il Rosso di Montalcino vi rimane per 12 mesi (anche se il disciplinare di produzione non prevede alcun tipo di invecchiamento obbligatorio).
Potrei restare ore ad ascoltare Gigliola Giannetti, che nel frattempo ci accompagna alla sala di degustazione.
Tre le bottiglie proposte:
Parus 2017, sangiovese 100%, vinificato e affinato un anno in acciaio, è il vino più immediato dell’azienda; fresco e piacevole, mostra già parte di quell’eleganza e personalità che caratterizza i fratelli maggiori.
Rosso di Montalcino 2017, affina un anno in botte e alcuni mesi in bottiglia. Sorprende subito per finezza gustativa, tanto da chiedermi se non sia questo il Brunello, ma l’ordine in cui sono disposte le bottiglie sul tavolo mi induce ad abbandonare l’ipotesi; è proprio lui, e sarà per il microclima dei luoghi, per la resa delle viti corrispondente ad un chilo per pianta, per l’anno trascorso in botte, ma si dimostra davvero eccellente.
All’olfatto primariamente amarena e rosa rossa, poi note più mature seguite da leggeri sentori di chicchi di caffè e tabacco. In bocca è ben equilibrato, tra le sensazioni calde e setose e quelle fresche e balsamiche.
Brunello di Montalcino 2014. Ciliegia, prugna matura, eleganti aromi di rose, sentori vegetali di rosmarino e finocchio selvatico, olive mature, tabacco… Il sorso è teso, con ottima spalla acida e tannica; in progressione si percepisce sempre di più la grande eleganza e finezza del sorso, nella corrispondenza naso bocca, nel perfetto equilibrio tra percezioni vellutate e croccanti. Finale minerale e persistente.
Infine, mossa a simpatia, la signora Gigliola decide di farci assaggiare pure il Brunello di M. Riserva 2011. In buona parte ricorda il Brunello precedente, ma è ancora più fine, con una struttura decisamente importante senza però essere austero; armonioso, si rivela di tratto in tratto ora vellutato, ora fresco e di bella astringenza. Magnifica persistenza.
Non posso che ringraziare ancora Gigliola Giannetti e Sofia Gorelli per la piacevolissima mattinata trascorsa in azienda.