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Con AIS a Palermo il confronto sul vino dei rappresentanti di tre religioni monoteiste

novembre 18, 2015

vino e religione giornalevinocibodi Michele Mastropierro
Il 10 novembre scorso, solo tre giorni prima dei terribili attentati di Parigi, si è svolto a Palermo un evento più unico che raro. In occasione dei 110 anni dell’azienda d’Arte Sacra Pantaleone all’interno della sede in Palermo in Corso Vittorio Emanuele 293 si è animato un approfondito dibattito culturale legato all’utilizzo del vino nelle tre religioni: cattolica, ebraica e mussulmana.
Nella stessa stanza i rappresentanti delle tre Religioni monoteiste del bacino del mediterraneo, Ebraica, Cristiana e Musulmana, con il contributo dell’Associazione Italia Sommelier, hanno dibattuto serenamente del significato spirituale dei prodotti dell’uva come vino Kosher, il vino della Santa Messa e succo d’uva Halal, dando vita ad un momento d’autentica tolleranza e di pacifica convivialità.

Presenti insieme al sottoscritto, il Direttore Ufficio Liturgico Diocesano di Mazara del Vallo Mons. Nicola Altanese,  la Dott.ssa Evelyne Aquate dell’ Istituto Siciliano Studi Ebraici, il Dott. Yusuf A’Bd Al-Hadi Dispoto Responsabile Corei per la Regione Sicilia e il Delegato di Palermo per l’Associazione Italiana Sommelier Luigi Salvo.

L’interessante dibattito nasce dall’importanza del ruolo simbolico della vite e del vino nelle religioni menzionate.
Il termine “vino” prende origine dalla parola sanscrita vena (amare) da cui derivano anche i termini Venus e Venere. Dalle origini della civilizzazione, questa particolare bevanda, che ha la sua genesi dalla pianta “Vitis vinifera” (la specie della vite europea), ha ricevuto dall’uomo la più grande venerazione, fino a dedicarle uno specifico protettore divino in tutte le culture passate fino ai giorni nostri. La vite è simbolo d’abbondanza e di vita.

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La vite, nelle religioni dell’antica Cananea era ritenuta un albero sacro se non addirittura divino, e il suo prodotto, il vino, era la bevanda degli dei.

Israele considera la vite (con l’olivo) un albero messianico (Zaccaria, 3, 10). E’ possibile che le antiche tradizioni abbiano identificato l’albero di vita del Paradiso addirittura con una vite. La vite appare nei Salmi e in numerosi libri della Bibbia (Isaia, Numeri, Re, Apocalisse…) come un bene particolarmente prezioso, simbolo di prosperità e amore di Dio che unisce cielo e terra.

Partendo da questa credenza, Israele si identifica come vigna, come proprietà di Dio: egli se ne rallegra, ne attende i frutti e la cura costantemente, così come l’uomo prende cura della propria vigna. Fin dall’origine il simbolismo della vite è dunque decisamente positivo.

Il simbolismo si trasferisce poi sulla persona di colui che incarna e riassume il vero popolo di Israele: il Messia è come una vigna. E nell’Islam, nonostante il vino sia proibito sulla terra nel Cielo è permesso. Haussi Kaussar, la sacra fontana del Cielo, di cui viene detto così tanto nell’Islam, è una fontana di vino. Il vino pertanto è simbolico per l’evoluzione dell’anima.

L’incontro con i relatori della serata, che a turno hanno affascinato, più che puntualizzato situazioni tecniche, spirituali e personali legate non solo al vino ma alla vita vissuta all’insegna del proprio credo fa scoprire quel percorso comune partito dal Dio dell’antico testamento(che non dimentichiamo è lo stesso Dio della religione ebraica, cristiana e musulmana), oltre agli aspetti tecnici della produzione di un vino kosher, un vino per la messa ed un succo d’uva halal.

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Attraverso il vino, la sua storia e la produzione legata ad essa, si vuole sottolineare come si possa ritrovare il collegamento agli aspetti spirituali del credo religioso ricercando quelle affinità utili a tessere o a riannodare le fila del dialogo di reciproca comprensione.

Il vino visto come elemento di contatto e conoscenza, stasera come sempre può consentire l’apertura di un dialogo tra gli esponenti dei diversi credo religiosi, senza  dimenticare che lo stare a tavola, per la sua dimensione paritaria, favorisce il dialogo e il confronto tra culture differenti tra loro, trovando elementi comuni tra tutti gli uomini e argomenti che permettono di instaurare un rapporto personale tra i commensali.

I vini in degustazione erano l’Eli di Tenute Chiaromonte in Gioia del Colle, vino Kosher da uve Primitivo, specifico per la Pasqua Ebraica, il Cantate Domino, vino Santa Messa da uve Moscato Reale appassite in pianta, non in commercio, dell’azienda Albea, di Locorotondo, e due diverse tipologie di vino liquoroso da uve siciliane bianche e rosse.

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Sinceramente, mai avrei immaginato di poter avere il privilegio di partecipare a qualcosa d’immenso, di grandioso, di inaspettato e incredibile dal punto di vista umano più che professionale…ha appagato tanta fatica, tanti timori di dire qualcosa di sconveniente o sbagliato, ha fatto sentire importanti tutti noi nel contatto con persone straordinarie più che rappresentanti delle tre religioni. E’ un ‘emozione indescrivibile, immensa. Io sono solo una parte di quest’avventura condivisa dai miei carissimi amici più che colleghi

Luigi Salvo in primis, che ha condotto come sempre una degustazione magistrale dei vini a disposizione, ma anche i colleghi sommelier presenti come Elena Pinsone e Salvatore Calafiore, di prezioso supporto al servizio e i tanti aspiranti sommelier. Degustazione si, ma soprattutto consapevolezza di ricevere lezioni di vita.

E’ un incontro informale, sereno, mi sento un ospite atteso e desiderato, eppure ci sono delle personalità importantissime, ma la serenità dei loro sorrisi, la loro energia,  la disponibilità è incredibile, inaspettata, disarmante:
Chi mi conosce sa che non sono un “taciturno”, al contrario, ma spesso ho la sensazione che le parole si strozzano in gola per l’emozione.

Il tempo scorre velocemente.. arriva il momento di salutarsi. Ancora oggi per inerzia rivivo ancora tutti quei momenti.
Scrivo questa storia non per “ricordare” a me stesso questi momenti (come si potrebbe   dimenticare qualcosa di simile?) ma per condividere con  chi non c’era il bagaglio di sentimenti veri, intensi, cristallini, che ho portato e porterò per sempre nel cuore, che forse mi hanno un po’ cambiato, migliorandomi spero .

Vorrei essere uno scrittore per rendere al meglio il momento magico vissuto. Non lo sono e spero di essere perdonato, “le emozioni sono un fardello quando pesano troppo, ma certe volte sono anche un dono meraviglioso della memoria” tanto per citare Nietzsche

C’è una soddisfazione malcelata: da qualche parte nel cuore più che nella mia mente, il più grande vino del mondo, quello fatto di emozioni in purezza sta ancora girando in uno di quei bicchieri utilizzati quel pomeriggio di novembre a Palermo.

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