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Sorprende il nuovo corso del blasonato ristorante Charleston (Pa)

giugno 20, 2018

di Aldo Sarro
Erede del più blasonato ristorante cittadino, due stelle Michelin già negli anni ’70, gestito adesso dalla signora Mariella Glorioso, figlia di uno dei due storici patron, il Charleston ha di recente ritrovato nuova verve dall’arrivo alla conduzione della cucina del giovane cuoco Santino Corso, non ancora trentenne, formatosi in queste stesse cucine prima di compiere importanti esperienze di respiro internazionale. Mi appare però, al di là delle varie attività formative dello chef, che Corso possegga nel proprio DNA l’estro creativo, ma anche la forza e la determinazione di chi vuole affermarsi perché il proprio lavoro è una vera passione.

La cucina è di tipo gourmet e di ricerca, ma il ristorante mantiene in carta alcuni piatti storici e tradizionali (offerta che, a mio avviso, andrebbe allargata con un maggior numero di proposte). Inoltre, con preparazioni più classiche, il ristorante svolge la propria attività per banchetti celebrativi, e per questo si avvale di ambienti molto eleganti e signorili, siti in una villa storica tra Valdesi e Mondello.

Il servizio è tenuto da personale in parte “storico” e di grande esperienza (il maitre Vito Augello e il sommelier Giorgio Gragotta), in parte giovane ma formato e voglioso di ulteriore crescita professionale: capacità d’accoglienza, grande cortesia, competenza tecnica per un servizio di livello davvero alto. Il sito internet è ben tenuto e aggiornato, menù con prezzi (sarebbe auspicabile fosse in rete anche la lista dei vini, con i prezzi relativi).

I costi sono medio-elevati, ma in linea rispetto altri indirizzi comparabili per tipologia: antipasti 18-35€; primi 18-25€; secondi 18-25€; dolci 9€; coperto e acqua 5€/cad. La carta dei vini è di discreta ampiezza e ben strutturata, giustamente dettagliata per vitigni, territorio, annata e grado alcolico. Ricarichi in linea col livello del ristorante. Pane e grissini di ottima fattura.

Le degustazioni sono varie e proposte a costi concorrenziali (tutte comprendono amuse bouche, predolce e piccola pasticceria, servizio acqua e coperto): 9 portate 70€, che salgono a 100€ con percorso di vini al calice; ridotta a sei portate 60€ (80€ con abbinamento vini); da 4 portate 50€.

Abbiamo scelto la degustazione da nove proposte:

Amuse bouche (1 – Macco di fave, pecorino e chip di riso. 2 – Pasta soffiata con crema di melanzana, parmigiano e pomodoro. 3 – Sarda a beccafico in gel di agrumi e chips di riso). Bocconcini tutti piacevoli e graditi, tra essi risalta senz’altro il terzo: mirabile per fattura e presentazione, si apre alla bocca con sentori agrumati per poi espandersi col tradizionale gusto della sarda a beccafico, una miscela veramente mirabile e armonica. Meriterebbe addirittura di essere trasformato e rielaborato, senza tuttavia la perdita delle attuali caratteristiche, in una delle proposte alla carta. Notevole.

 – Protagonista la capasanta (capasanta cruda e cotta, crema di barbabietola, chips di cipolla). Piatto di bell’equilibrio, sia per i sapori sia per le consistenze; per un verso è morbido e croccante, per un altro vive di lievi ma variegate gradazioni saline, appena più accentuate nel succo di cottura della capasanta. Elegante.

– Mediterraneo (spuma di broccolo servita su crema di cozze con cous cous soffiato e cavolfiore marinato in acqua frizzante, aceto, vino e lamponi). Altro piatto di bella composizione, dove tendenze dolci, acide e saline convivono in bella armonia, ravvivate da un attento confronto tra consistenze croccanti, tenere e cremose. Molto stuzzicante.

– Risotto nerorosso (agli agrumi, con gambero rosso, suino nero dei Nebrodi). Pure se non particolarmente creativa o innovativa, risulta proposta molto gustosa e cotta a puntino (troppo spesso, anche in ristoranti di alto livello, ho trovato risotti talmente poco cotti da risultare fastidiosi, coi chicchi che rimangono appiccicati ai denti), con una buona mantecatura. L’amalgama aromatico e dei sapori è ben riuscito. Molto buono ma perfettibile.

– Pasta con le sarde 2° Corso (sarde e finocchietto, uvetta e pinoli).

La meno felice tra le pietanze provate, nonostante l’ottima tecnica per la preparazione del raviolo, che prevede una complessa sequenza di cotture tra le quali la rosolatura, che lo rende leggermente croccante. Non mi ha soddisfatto, non tanto per il sapore, quanto per l’eccessiva consistenza liquida del ripieno, che si è tradotta in una troppo breve persistenza del gusto. Da aggiustare.

– Triglia in fiore (triglia, fiore di zucca, acciuga, bufala con crema di cocco e colatura di alici). Altro gran bel piatto, ancora un bell’equilibrio di consistenze, un incontrarsi e scontrarsi di aromi e saporosità differenti che si fondono in modo armonico.

– Colazione da Charleston (croissant al rosmarino e brodo di patate arrosto). Accompagna l’ospite verso le portate finali, prepara la bocca alle portate più impegnative, ma al contempo sorprende per l’idea creativa, suscita ammirazione!

– Tonno sedanato (panatura di alga disidratata, sedano rapa in due consistenze, crema di barbabietola, panna acida e chips di riso). Altra idea molto interessante, corre sul limite che separa il mare dalla terra; piacevole, pur senza raggiungere il valore assoluto di alportate.

Capricci e picci…one (petto di piccione su crema di caprino di capra girgentana cipollotto ed emulsione di ricci, cioccolato e coscia croccante ripiena delle frattaglie). Di livello assoluto, un caleidoscopio di percezioni gustative che si scoprono una di seguito e affianco all’altra, croccantezza, tendenze amarognole e iodate, lieve dolcezza e ancora più lieve freschezza acidula, un capolavoro. Già da solo merita la visita al Charleston!

Predessert (Granita di barbabietola, cappero e meringa)
Tendenze acidule, saline e dolci in buon equilibrio accompagnano sapientemente il passaggio dalle portate principali al dolce. Perfetto.

La corteccia (mousse al cardamomo, cioccolato e gelato al fragolino).
Piacevole dessert dalle linee stilizzate, risalta sia per una buona armonia di sapori sia per gli aromi tenui e seducenti del connubio cardamomo-fondente-fragola.

Piccola pasticceria. Preparata con attenzione e buon gusto è la degna conclusione di una magnifica degustazione, ideale con un buon caffè, ma meglio con l’ottimo passito Bukkuram con cui si è accompagnata.

 Vini:

– Milazzo metodo classico (24 mesi sui lieviti)

– Gewurtztraminer 2016 Cantina Merano Burggräfler

– Grand Cru Rapitalà 2015 (chardonnay)

– Pignacolusse 2009 Jermann

– Bukkuram Sole d’agosto 2015 De Bartoli

Giudizio medio molto alto, alcuni piatti eccellenti, il piccione strepitoso. A mio avviso, insieme al Cuvèe du jour (Villa Igiea), è il ristorante che più meriterebbe di essere preso in considerazione per un’altra eventuale stella Michelin nel palermitano. Santino Corso non pare seguire le mode e gli stereotipi, utilizza prodotti del territorio e altri di respiro più internazionale, padroneggia le tecniche ed è alla ricerca di nuovi modi espressivi. Se ne sentirà parlare.

In sintesi:

Cucina 18/20 – Servizio 18/20 – Ambiente 18/20 – Cantina 16,5/20

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