Osteria Il Moro a Trapani, dedizione e tanta passione per la ristorazione
di Aldo Sarro
Sito in una delle più belle vie del centro storico di Trapani, via Garibaldi, aperta nel ‘200 nell’intricato tessuto urbano di matrice araba, il ristorante Osteria Il Moro ha aperto i battenti da poco più di un anno. Gestito dal trentaduenne Nicola Bandi in cucina e dal trentacinquenne Enzo Bandi in sala, due fratelli che hanno deciso di trasferire in città la loro precedente attività di ristorazione da Valderice, e al contempo dirottare il tipo di cucina da uno stile prettamente tradizionale e locale, verso una tipologia gourmet che utilizzi primariamente la materia locale ma senza trascurare ciò che di buono è reperibile fuori dalla Sicilia.
I fratelli Bandi
Passione e dedizione emergono sia dal lavoro della cucina sia da quello in sala; da un lato emerge la cura e la ricerca dedita alle pietanze, dall’altro l’attenzione per il cliente, la disponibilità, e una capacità d’accoglienza in grado di mettere a proprio agio qualsiasi avventore.
L’ambiente è formato da due sale comunicanti, i coperti una cinquantina con tavoli sufficientemente distanziati; l’atmosfera, con colori chiari e caldi, è ravvivata da una illuminazione rilassante e da musica di sottofondo non invadente; la mise en place elegantemente sobria e lineare.
Menù discretamente vasto: 9 antipasti (9-15€), 6 primi (12-15€) e altri 4 primi della tradizione (9-15€), 11 secondi (13-18€), 6 dolci (5-6€). Tre le degustazioni proposte: da 5, 7 e 10 portate, rispettivamente 45€, 60€ e 75€.
Interessante la scelta di mantenere in carta alcune pietanze tipiche come il “Cuscusu” di pesce alla trapanese, le Busiate “cu l’agghia”, la Pasta con le sarde e le Cassatelle di ricotta in brodo di pesce. Buona la panificazione, così i dolci, che si mantengono entro canoni tradizionali e che consentono abbinamenti con vini dolci di qualità di cui il ristorante dispone.
Per quanto riguarda la carta dei vini non posso che lodare l’Osteria Il Moro, la lista non è vasta ma ben pensata per quanto riguarda la produzione isolana, buona anche la scelta di vini da dessert, offerti anche al calice, e cosa importante i costi, che sono corretti e tali da consentire ad un più vasto pubblico di avvicinarsi al buon bere. Da migliorare, nel tempo, l’offerta di vini nazionali, magari limitandosi ad alcune regioni. Valido il sito su internet, che va però aggiornato per quanto riguarda menù e carta dei vini.
Nelle tre visite al ristorante (un pranzo e due cene) il servizio è apparso sempre efficiente, tenuto dal patron Enzo e da una gentile cameriera, puntuale ed informata sulla composizione dei piatti, che sono stati sempre ben descritti. I vini che hanno accompagnato il nostro desinare sono stati: Enrica Spadafora 2011 metodo classico di Principi di Spadafora (25€); Bianco Maggiore (Grillo) 2016 – Rallo; La Clarissa (Syrah) 2015 – Rallo; Passito di Pantelleria Khamma 2009 – S. Murana; Passito di Pantelleria 2012 – Ferrandes.
Ecco infine le pietanze provate, cominciando dalle preparazioni tradizionali:
– Cous cous tradizionale: semola “incocciata” a mano e cotta a vapore, perfetta; zuppa buona ma perfettibile, al mio palato un po’ eccessivo il pomodoro, mentre i gamberi aggiunti dovevano essere più succosi, migliorabile.
– Cassatelle di ricotta in brodo di pesce: qui la tendenza acida del pomodoro nel brodo di pesce si sposava molto bene con quella dolce della ricotta e della sfoglia della cassatella, bell’equilibrio.
– Busiate “cu l’agghia”: gustose e delicate ad un tempo, ravvivate dall’uso della mollica di pane tostata.
Amuse bouche:
– “ù pani cunzatu”: interessante e gustosa rivisitazione sotto forma di zuppetta, posso proprio dire che apre l’appetito!
– Uovo pochet e finto caviale d’acciuga su crema di zucchina: proposto come preantipasto, come quantità potrebbe far parte degli antipasti; la riuscita è semplice ma stuzzicante, grazie al bel contrasto tra tendenze dolci e sapide.
Antipasti:
– Arancina all’inchiostro di seppia, frutti di mare su emulsione di ricci: proposta più o meno simile è ormai in carta in molti ristoranti, sottolineerei piuttosto l’eccellenza delle materie prime utilizzate e l’ottima e croccante frittura dell’arancina.
– Bob bon di calamaro, cialda di riso, gelato ai ricci e spugna alle alghe: senza dubbio gustoso nell’insieme, pure di bella aromaticità, tuttavia questo piatto non mi ha soddisfatto in pieno; a livello di sensazioni tattili il bon bon è risultato troppo “mollicoso”, avrei gradito, ad esempio, la parte esterna croccante, poiché la sola cialda di riso non riusciva a bilanciare il gioco di consistenze morbide-croccanti.
– Capasanta scottata al Ben Ryé: ecco una pietanza preparata con un ingrediente niente affatto Km0, capesante che giungono puntualmente fresche d’oltre oceano; il piatto è un connubio di delicate tendenze dolci e saline, elegante e fresco. Un plauso al cuoco che non si uniforma al dogma del Km0 seguito ciecamente da troppi altri colleghi.
– Polpo fritto su fonduta di Ragusano Dop e spinaci saltati: dal gusto deciso, forse un attimo sbilanciato sulla sapidità del Ragusano, è comunque un piatto saporito, ben strutturato come contrasto morbido croccante; a mio avviso da “aggiustare” un po’ per una resa maggiormente elegante.
– Sarda farcita in crema di parmigiano e gocce di Cerasuolo di Vittoria: un altro ottimo accoppiamento mare-vino, una delle pietanze meglio riuscite. Croccantezza e leggera aromaticità in primo piano, la prima bilanciata dalla crema e la seconda in cerca di un buon vino in abbinamento. Notevole.
Primi:
– Rustichello del Moro (crema di zucchine, scampi e burrata): piatto buono ma un tantino scontato, non stuzzica, sbilanciato sulle tendenze dolci e consistenze morbide. Mi piacerebbe se fosse riveduto, ad esempio con aggiunta di scaglie di mandorle tostate e spolverata di pepe di Sichuan.
– Cavatelli in minestra di pesce e verdure di stagione: gustosa la zuppetta di pesce e crostacei dello chef, buono l’insieme, con i cavatelli giustamente tenaci alla masticazione, felice il connubio con la granella di frutta secca.
Secondi:
– Triglia scottata in crema di patate e finocchio e croccante di patate: portata di bell’equilibrio, tra tenenze morbide e croccanti, saline e dolci, e con piacevoli venature aromatiche: preparazione tra le migliori, armonica.
– Cuore di carciofo, merluzzo mantecato, salsa allo zafferano e maionese di vongole: in teoria uno dei piatti che avrei dovuto preferire, data la presenza di ingredienti cari al mio palato come il carciofo e lo zafferano, invece, come ho comunicato al maitre sul momento, mi ha lasciato più di una perplessità: da rivedere.
– Insalata di mare tiepida, su crema di finocchio e zenzero affumicata all’alloro: ottima rivisitazione dell’insalata di mare, con materie prime eccellenti, da un’ampolla vaporosa si sprigionano delicati vari sentori aromatici che mano a mano lasciano campo a quelli dei prodotti del mare utilizzati; al palato si ripete la stessa armonia con i sapori. Eccellente!
– Costolette di maialino nero dei Nebrodi glassate al miele d’ape nera sicula: delle buone costolette, ma ormai da Il Moro non mi accontento della sola materia prima, per quanto ottima; piatto da elaborare e ripensare.
Dolci:
– Mousse di cioccolato e frutto della passione
– Semifreddo di pistacchi con colata di cioccolato fondente
– Tartelletta con crema inglese e riduzione di lamponi
– Biancomangiare
– Cassata del Moro
Dolci molto vicini alla tradizione e senza troppi ghirigori di fantasia come invece si usa esageratamente e spesso presso altri indirizzi; quindi condivido appieno la linea perseguita.
Non posso però esimermi da qualche piccola critica (sempre relativa al livello qualitativo, comunque alto, del ristorante): il semifreddo di pistacchi un po’ troppo monotono, andrebbe sia reso più leggero come consistenza sia affiancato da qualche sapore acidulo di contrasto al duo pistacchio-cioccolato; il biancomangiare alla mandorla, di bellissima consistenza, quasi fluida, già così buono, lo sarebbe ancora di più se emergesse con più forza l’aroma e il sapore del frutto.
In conclusione un ristorante gestito da due veri appassionati, che mostrano grande voglia di crescere soprattutto da un punto di vista qualitativo, sia in cucina sia in sala.
La modestia, la tenacia e la capacità di accoglienza mi sono parse tra le migliori loro caratteristiche, non mi meraviglierei di ritrovarli presto con riconoscimenti di prestigio, soprattutto se sapranno ulteriormente affinare l’offerta senza snaturarne le attuali caratteristiche. Vale il viaggio a Trapani.
In sintesi:
Cucina 16,5/20 – Servizio 17/20 – Ambiente 15,5/20 – Cantina 16/20